Segretario Regionale: Luca Barutta

23 10 26 imgSi stimano perdite per i camici bianchi tra il 5 e il 25% di tutto l’assegno pensionistico. Temiamo una ulteriore fuga dei colleghi entro il 2023.

Alla luce della bozza della manovra economica apparsa sugli organi di stampa, Anaao Assomed esprime forte preoccupazione e sdegno per la norma di adeguamento al ribasso delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali dei medici e dirigenti sanitari.

Infatti, con questa ipotesi di legge, la quota retributiva della pensione, ovvero quella riguardante i contributi versati prima del 1996, subisce un importante e gravissimo ridimensionamento, di fatto sottraendo migliaia di euro annui al futuro assegno previdenziale dei camici bianchi. La perdita che questa disposizione causerebbe alle pensioni, è stimabile tra il 5% fino al 25% di tutto l’assegno pensionistico, a seconda degli anni di contribuzione pre-96. Fino a un quarto di pensione!

Un attacco così feroce alle pensioni non ha precedenti nella storia di questo Paese, tra l’altro commesso contro il personale sanitario, già martoriato prima da una devastante pandemia e poi dalla dilagante crisi del pubblico impiego, costretto a turni massacranti dal blocco delle assunzioni e con remunerazioni totalmente inadeguate, alla mercé di un’inflazione galoppante e nemmeno paragonabile al passo del privato e degli altri paesi europei.

Il vergognoso cambio di regole in corso, promosso contro servitori dello Stato, mina il reciproco rapporto di fiducia, favorendo ancor di più la fuga dal SSN verso lidi più floridi come il privato o l’estero. È come se Stato e lavoratori giocassero a dama e lo Stato improvvisamente decidesse, unilateralmente e senza condividere la scelta, di rimuovere dalla scacchiera tre pedine dei lavoratori. Peccato che nella realtà non si tratti di un gioco e che quelle pedine siano migliaia di euro annui!

Questa norma, ovviamente, si ripercuoterà sulle piante organiche del SSN, svuotandole ancor di più per la fuga fino alla fine dell’anno di chi ha già maturato il diritto a pensione, in un momento già reso drammatico da una gravissima carenza di specialisti a causa della suicida e irresponsabile errata programmazione dei contratti di formazione, perpetrata per oltre un decennio.

Non bastano nemmeno i ventilati aumenti contrattuali a mitigare la potenza negativa della norma sopra citata: infatti se da una parte lo Stato dà (poco), dall’altra toglie (tanto) ai medici e dirigenti sanitari.

Infine, chi ha riscattato la laurea ante-96 pagando decine di migliaia di euro per accrescere economicamente la propria pensione contando sulle regole attuali, si ritroverà con un pugno di mosche: che lo Stato si prepari a un contenzioso-monstre.

Come se non bastasse, nella manovra è presente anche un anticipo di due anni dell’adeguamento della speranza di vita, che innalzerà inevitabilmente i requisiti per poter andare in pensione a partire dal 2025.

Oltre a questo, la rivalutazione delle pensioni in essere non seguirà l’andamento inflattivo ma sarà notevolmente ridotta: anche questo significa cambiare unilateralmente le regole del patto tra Stato e lavoratori.

Infine l’ultima mazzata: per i lavoratori che fanno parte del contributivo puro (cioè non hanno contributi prima del 1996), viene rivista al rialzo la soglia economica per accedere alla pensione anticipata contributiva (che permette di andare in pensione 3 anni prima rispetto all’età prevista per la vecchiaia): sarà necessario un assegno pensionistico di almeno 1.661 euro (prima era 1409 euro).

Al Governo dichiariamo a gran voce: via le mani dalle tasche dei medici e dirigenti sanitari! Siamo lavoratori pubblici che versano tasse e contributi fino all’ultimo centesimo, che hanno già “dato” in passato ma continuano a essere vessati da uno Stato irriconoscente.

Comunicato stampa – 26 ottobre 2023

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